All’insegna di una sicilianità integrale il programma di questa sera non solo ospita il pianista palermitano Salvatore Bonafede, ma anche i due fratelli Cattano, catanesi, e le nuove composizione di tre compositori siciliani, Giacomo Cuticchio, Giancarlo Scarvaglieri e Mauro Schiavone.
Salvatore Bonafede, uno dei più originali e creativi pianisti italiani, ha avuto un’intensa carriera statunitense, iniziata con un diploma al Berklee College of Music di Boston, e continuata trascorrendo dieci anni oltre oceano, soprattutto a new York, suonando con Jerry Bergonzi, Lew Tabackin, Dewey Redman, Joe Lovano, Marc Johnson, Tom Harrell, John Scofield, Lester Bowie, Lee Konitz, Billy Cobham e Paul Motian.
Miglior nuovo talento per il referendum "Top Jazz" (1991) di Musica Jazz è premiato per il migliore disco dell'anno con Ortodoxa dal quotidiano Il Foglio (2001) e da Musica Jazz ("Premio Arrigo Polillo" 2001). Ortodoxa è un disco esemplare per la sua qualità ironica e trasversale, per l’ispirazione sinestetica, capace di forti evocazioni visive.

Di Mauro Schiavone viene presentato Riff ancestrale, che ricerca un'atmosfera arcaica e misteriosa ispirata alle curiose immagini riprodotte nei bassorilievi del Lapidarium del Castello, attraverso l'impiego della modalità gregoriana, sulla quale si sviluppano le improvvisazioni dei solisti e le essenziali frasi tematiche reiterate come dei "riff".

Battaglia di Giacomo Cuticchio, erede di una grande famiglia di pupari, è un brano guerresco, nato dall’ispirazione del teatro dei pupi siciliani; la sua struttura è formulata dal ritmo composto di sette ottavi, il tempo di battaglia fra due valorosi paladini che si incontrano a singolar tenzone; il puparo col suo battito del piede, scandisce la ritmica del duello battendo sul tavolaccio del palcoscenico il proprio zoccolo di legno.


A proposito di Eflute: “Ho sempre sentito il flauto come uno straordinario strumento polifonico. Il caleidoscopio timbrico che caratterizza tutta la sua estensione mi ha sempre suggerito l’idea di molteplici timbri, strumenti, racchiusi all’interno di esso. In Eflute, scritto per Emilio Galante, cerco di far venire fuori questa molteplicità timbrica strumentale. Intrecci polifonici (alcuni solo virtuali, altri, attraverso le elaborazioni elettroniche reali) caratterizzano lo sviluppo formale – musicale dell’intero brano. Un’orchestrazione che sfrutta anche le inesattezze del nostro sistema percettivo, un’unica linea melodica percepita come un intreccio contrappuntistico, una sequenza accordale afferrata come un singolo flusso monodico, ma sempre adoperando quell’immenso “ensemble strumentale” che il mio orecchio coglie dentro le sublimi sonorità del flauto.” GS

 

 
     

   
   
   
   
   

 
   
   
   
   

 

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